Il grano: un ibrido come noi

[…] Risulta inspiegabile la rapidità con cui le varie specie di cereali, ortaggi e frutta comincino ad apparire, tutti nello stesso periodo e nella stessa regione.

Prendiamo, per esempio, il frumento, un alimento derivante da un cereale selvatico, che ancora oggi è alla base della nostra alimentazione perché super energetico in quanto ricco di amidi che fra l’altro, interessante coincidenza, solo noi sapiens tra i primati riusciamo a digerire. I campioni ritrovati, risalenti a quel periodo remoto, per esempio quelli nella grotta di Shanidar, ai piedi del monte Zagros, nella zona del Kurdistan, oggi Iraq nordorientale, oppure i resti di semi carbonizzati trovati negli scavi dei villaggi agricoli di Cafer Hoyuk, Nevali Cori e Canyonu, nel nord della mezzaluna fertile, appaiono già perfettamente evoluti e dotati di tutte quelle caratteristiche speciali che hanno oggi. Ancora una volta non vi è traccia di passaggi intermedi e inoltre risulta evidente, anche alla più superficiale delle analisi, che Madre Natura avrebbe bisogno di migliaia e migliaia di generazioni di selezione naturale per raggiungere un simile grado di sofisticatezza. Tra l’altro, mentre risulta evidente il vantaggio per l’uomo di questa evoluzione del frumento, non è chiaro quale sarebbe per il vegetale stesso. Il frumento è stato definito in un articolo dello studioso Dario Bressanini (Un mostro chiamato frumento, Le Scienze, n. 32, agosto 2014), pubblicato da Zanichelli e poi sul numero di agosto 2014 di “Le scienze”, un mostro genetico che non esiste allo stato selvatico:

[…] Le varie specie di grano selvatico e domesticato fanno tutte parte del genere Triticum, nella famiglia delle graminacee. Per esempio, il farro, una delle più antiche forme di frumento coltivate dall’uomo, ha il nome scientifico di Triticum dicoccum. Anche il farro piccolo o farragine (Triticum monococcum) era coltivato già nella preistoria; si sono trovati reperti addirittura risalenti al Neolitico, vecchi di circa diecimila anni. Questo cereale è un diploide con 14 cromosomi. Il farro invece ha 28 cromosomi ed è tetraploide. Gli scienziati hanno scoperto che contiene il genoma completo diploide di un parente selvatico del farro piccolo, il Triticum urartu, unito al genoma completo della Cerere, un’erba infestante selvatica del genere Aegilopses speltoides che cresce nei campi. Non sappiamo come sia avvenuta questa ibridazione tra due specie che non appartengono neppure allo stesso genere. Ma è stato proprio grazie a questa modifica genetica, a questa “rottura della naturale barriera tra specie diverse”, che il farro ha potuto diventare un cereale molto popolare nell’antichità, coltivato in modo esteso, per esempio nell’Impero romano. Il farro non può essere impollinato dalle due piante genitrici ed è perciò una nuova specie. Da esso discende il Triticum durum, l’amato grano duro con cui prepariamo la pasta. Il pane si prepara invece di solito a partire dal Tritucum aestivum, il grano tenero, che diversamente dal grano duro è un esaploide e deriva da un ulteriore incrocio “innaturale” (Triticum Spelta), tra il farro e un’altra erbaccia (Aegilops Tauschii) che gli ha portato in dote tutto il suo genoma. Il grano è quindi un “OGM naturale” generato da incroci che secondo una certa visione essenzialistica della natura non dovrebbero poter avvenire[…]”

Riassumendo, Bressanini afferma che tra il Triticum Urartu, un cereale selvatico e il Triticum Aestivum, il grano tenero, intercorrono ben due incroci dove, inspiegabilmente e in maniera del tutto innaturale, il genoma completo di due erbacce è stato fuso con quello del cereale, per ottenere per ibridazione una nuova specie che, per giunta, è risultata essere non sterile. è significativo che l’esperto parli esplicitamente di “rottura della naturale barriera tra specie diverse” e di organismi geneticamente modificati, quindi non si tratta di una sorta di “miracolo” della botanica, ma piuttosto d’ingegneria genetica. Queste scoperte trovano un’incredibile analogia con quella del 2001 del Dott. Steven Scherer, del Baylor College of Medicine’s Human Genome Center of Huston, Texas, che ha pubblicato i risultati delle sue ricerche in cui risulta che ci sono oltre duecento geni nel DNA umano che sono estranei al patrimonio genetico dei vertebrati. Come siano finiti nel nostro DNA è inspiegabile, così come inspiegabili sono le acquisizioni genetiche del moderno “grano”.

[…] Chiunque abbia compiuto un tale prodigio aveva, a buon senso, un evidente motivo di farlo: permettere all’Homo Sapiens che viveva in Mesopotamia di sfamarsi agevolmente con l’agricoltura e di creare una società civile, stanziale e moderna. […] Il miracolo evolutivo rappresentato dal frumento, perfettamente coincidente con quello dell’evoluzione del sapiens, non sono gli unici che sembrano essere accaduti in un passato non tanto remoto e che piano piano vengono portati in evidenza dai moderni studi sulla genetica degli esseri viventi.

tratto da “Prima di noi” di Massimiliano Caranzano

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