Panspermia: l’origine della vita viene dallo spazio

Alcune teorie fallaci sull’evoluzione umana rafforzano la posizione secondo cui la vita sulla Terra avrebbe avuto origine da qualche altra parte del cosmo.

Per spiegare l’origine della vita sulla Terra, l’abiogenesi è la teoria dominante. è un’evoluzione della teoria del brodo primordiale che ci fa giungere fino all’attuale ipotesi del mondo a RNA. Sarebbe possibile dimostrare che alcune componenti della vita avrebbero avuto origine dalla materia inorganica, ma sarebbe molto più difficile dimostrarne la transizione alla cellula vivente. L’abiogenesi presenta due problemi. Il primo è che la struttura cellulare non è codificata dal DNA. Ciò implica che i geni danno informazioni su come edificare i “mattoni” basilari della vita, quali proteine, enzimi, complessi molecolari, ecc., ma questi genomi non contengono geni che definiscano le forme della cellula, come la membrana e i citoscheletri. Quindi i geni definiscono le parti molecolari, ma non la loro disposizione di ordine superiore. Ciò implica che ogni cellula ha origine da una cellula madre. Il secondo problema è che persino la cellula più semplice ha un sistema di controllo sofisticato che gestisce il ciclo cellulare. Il sistema del ciclo cellulare comprende più sottosistemi modulari che pongono in essere lo sviluppo e la riproduzione cellulare. Un sistema di controllo integrale, generato tramite logici collegamenti biochimici e genetici, organizza i tempi di attivazione di ciascuna di queste funzioni modulari, in modo analogo ai sistemi di controllo elettronici creati dall’uomo. Il sistema di controllo non è codificato dal DNA della cellula, ma viene trasmesso dalla cellula madre. Siccome la struttura cellulare e il relativo sistema di controllo non implicano i geni, è difficile immaginare come l’abiogenesi possa essere ciò che ha originato la vita.

Questi problemi non valgono per la teoria della panspermia, riportata in auge da Crick e Orgel. Hoyle e Wickramasinghe hanno confermato che la vita potrebbe aver avuto origine dal cosmo e ulteriori ricerche evidenziano che i batteri e persino organismi più complessi potrebbero essere sopravvissuti al viaggio spaziale. Dopo queste ipotesi, studi molecolari e genetici hanno mostrato che la vita è molto più complessa di quanto si credesse e, perciò, la panspermia si sta affermando sempre più come valida alternativa alla teoria dell’evoluzione. Il fatto che la vita abbia avuto inizio non appena la Terra è diventata abitabile è una delle argomentazioni più fondate della panspermia. Si presume che l’ultimo antenato comune universale (LUCA, dall’inglese Last Universal Common Ancestor), esistito circa quattro miliardi di anni fa, fosse un organismo molto complesso dotato di 500-1.000 geni e sistemi di fotosintesi e respirazione completamente sviluppati. Pertanto, non ci sarebbe stato tempo sufficiente affinché l’ultimo antenato comune universale potesse evolvere dal presunto capostipite della vita. Una volta gettati i “semi” sulla Terra, si presumeva che la vita si fosse ulteriormente sviluppata a seguito dell’evoluzione. Siccome non è certo che l’evoluzione darwiniana sia stata la responsabile della creazione di organismi complessi che richiedevano migliaia di mutazioni favorevoli, è stata avanzata l’idea secondo cui la “panspermia forte” potrebbe essere responsabile dell’ulteriore sviluppo. Questa teoria ipotizza che nuovi geni, provenienti dallo spazio, abbiano sostenuto il progresso evolutivo. è noto che il trasferimento genetico orizzontale ai batteri modifica il genotipo degli organismi. è possibile che i virus “spaziali” possano aver introdotto il proprio materiale nei batteri e averne modificato i geni. Si è proposto che la panspermia sia forse stata intenzionale, benché alcuni credano che sia stata assolutamente casuale. La panspermia rappresenta una spiegazione plausibile per l’origine della vita e la nascita delle cellule eucariote sulla Terra.

Ci sono però due tappe fondamentali nel ciclo di sviluppo della vita intelligente che sarebbero forse difficili da spiegare con la sola panspermia, che sono l’esplosione cambriana e il cervello umano.

L’esplosione cambriana

Durante l’esplosione cambriana, avvenuta circa 540 milioni di anni fa, sono improvvisamente comparsi i corpi di tutti i phyla esistenti e appartenenti al regno animale. Nel giro di 20 milioni di anni, si sono formate varie classi di animali, come i vertebrati, gli aracnidi e i molluschi. Questi animali non sono giunti in ordine, dalle forme più semplici a quelle più complesse, ma sono spuntati quasi nello stesso istante. Un aspetto ancora più rilevante è che, in questo periodo, la complessità degli organismi è aumentata di vari ordini di grandezza. Rispetto alle cellule eucariote, i nuovi organismi racchiudevano decine di migliaia di nuove proteine e il loro genoma era sensibilmente aumentano fino a comprendere circa 20.000 geni. Persino gli animali più semplici avevano bisogno di nuovi organi, come pelle, scheletro, muscoli, neuroni e apparato digerente, riproduttivo, sistema respiratorio e apparato circolatorio. Oltre a questi, gli animali più evoluti avevano occhi, un cervello, una spina dorsale e vari recettori sensoriali. Per la creazione di questi organi, sono stati impiegati circa 200 tipi diversi di cellule.

Per farci un’idea di quanto sia complesso questo processo costitutivo di nuovi organismi, dobbiamo riferirci allo sviluppo di un embrione. L’intero processo è gestito dai geni Hox, che forniscono la configurazione generale del corpo, definendo la posizione delle parti principali, come la testa, il tronco, gli arti, gli organi interni, ecc. Ciascuno di questi geni Hox attiva altri geni, che forniscono informazioni più dettagliate sulla posizione e la struttura dei vari tessuti necessari per comporre le parti. Alla fine devono essere specificate la posizione e la tipologia di quasi tutte le cellule del corpo. Se consideriamo che gli organismi comprendono decine di bilioni di cellule, il sistema di controllo dello sviluppo dell’embrione è estremamente complesso, e così è stato fin dai primissimi animali. La complessità della composizione embrionale può essere compresa attraverso l’esempio dell’occhio umano, che è controllato da circa 2.000 geni. Nell’embrione umano, entrano in gioco approssimativamente 3.000 meccanismi genetici regolatori. Il sistema di controllo dello sviluppo embrionale deve essere stato introdotto come unità completa perché anche la minima modificazione genetica si sarebbe tradotta in risultati deleteri. è altamente improbabile che lo sviluppo simultaneo di grandi strutture morfologiche e di complessi sistemi di controllo genetici siano risultati dall’impianto di qualche nuovo gene. Pertanto, il solo meccanismo della panspermia non potrebbe spiegare simili sviluppi.

L’Homo Sapiens

Sono disponibili abbondanti prove scientifiche a dimostrazione del fatto che l’Homo sapiens sia improvvisamente comparso in Africa circa 200.000 anni fa. La datazione dell’evento è corroborata dai primissimi fossili umani del periodo e dal DNA mitocondriale ereditato per linea materna. Il DNA mitocondriale dell’uomo moderno può essere tutto ricollegato a un antenato comune, una “Eva” vissuta circa 200.000 anni fa. L’Uomo di Neanderthal, apparso forse attorno a 600.000 anni fa, era il nostro antenato più prossimo. Però un gran numero di geni di questo ominidi non sono giunti fino all’uomo contemporaneo. I risultati di alcuni nuovi studi confermano che il genoma dell’Uomo di Neanderthal e quello umano sono identici per oltre il 99,5%, e differiscono circa per 3 milioni di coppie di basi. Le sequenze del DNA mitocondriale dell’Uomo di Neanderthal sono quindi sostanzialmente diverse dal DNA mitocondriale dell’uomo moderno. I ricercatori hanno messo a confronto le sequenze del Neanderthal, dell’uomo moderno e dello scimpanzé. La maggior parte delle sequenze umane differiscono tra loro per una media di 8,0 mutazioni, mentre le sequenze dell’uomo e dello scimpanzé di circa 55,0. Le sequenze dell’Uomo di Neanderthal e l’uomo moderno si differenziano per circa 27,2 mutazioni. Ciò indica una netta separazione tra due gruppi.

Alcuni studi genetici mostrano che l’Homo sapiens non discendeva dal Neanderthal e che ci siamo “staccati” da lui circa 400.000 anni fa. Si presume che l’Homo heidelbergensis, che viveva in Africa, Europa e Asia occidentale tra 600.000 e 250.000 anni fa, sia l’antenato non solo del Neanderthal ma anche dell’Homo sapiens, ma non esiste prova genetica a sostegno di questa posizione. L’Homo heidelbergensis assomigliava moltissimo all’Uomo di Neanderthal, ma presentava differenze considerevoli rispetto all’Homo sapiens. Si potrebbe quindi concludere che non esiste una relazione diretta tra Homo sapiens e qualsiasi ominide precedente. Poiché non c’è nulla che indichi chi siano stati i nostri antenati diretti, è stata avanzata l’ipotesi secondo cui l’Homo sapiens avrebbe continuato a evolvere per svariate centinaia di migliaia di anni. Tuttavia non esistono testimonianze fossili a conferma di questa teoria.

Cremo e Thompson presentano un’esauriente lista di strumenti utilizzati dagli umanoidi, fatti risalire a diversi milioni di anni fa. Ciò indica che l’origine della specie umanoide è molto più antica rispetto a quanto ammesso dal mondo accademico mainstream e non emerge una progressione chiara da ominidi meno sviluppati a quelli più evoluti. Ciò che ci distingue dal mondo animale è il cervello. Il funzionamento del cervello umano è un’estensione del meccanismo del cervello animale che si è sviluppato a partire dall’esplosione cambriana. Il cervello umano ha funzioni comuni a tutti i mammiferi, come la vista, l’udito e l’orientamento. La mente umana però possiede varie proprietà speciali, quali coscienza, logica e capacità di astrazione, che lo distinguono dal cervello animale. Lo sviluppo genetico del cervello umano è pieno di stadi sconosciuti. Sembra che almeno un terzo dei circa 20.000 vari geni che compongono il genoma umano siano attivi anzitutto nel cervello. Ciò implica che questo organo detiene la struttura più complessa di tutto l’organismo. Ci sono due gruppi di centinaia di singoli geni che si crede possano influenzare le nostre funzioni cognitive, tra cui memoria, attenzione, velocità di elaborazione e ragionamento.

L’analisi genetica dell’Uomo di Neanderthal evidenzia che, nei geni responsabili della creazione delle proteine, 87 sono diversi da quelli dell’uomo moderno. Alcune differenze genetiche riguardano sia le risposte immunitarie che lo sviluppo dei neuroni. Si può presupporre che l’Homo heidelbergensis e dell’Homo sapiens. Il gruppo Lahn dell’Istituto Medico Howard Hughes dell’Università di Chicago ha osservato che hanno avuto luogo ulteriori modificazioni nel cervello umano circa 37.000 anni fa, quando è emersa la variante prevalente del gene della microcefalina, mentre la variante dominante ASPM è apparsa circa 5.800 anni fa.

La panspermia avanzata

Ci si domanda allora se la panspermia “forte” possa essere responsabile dello sviluppo della vita durante e dopo l’esplosione cambriana. La nostra comprensione dello sviluppo embrionale verte sul fatto che migliaia di nuovi geni e sostanze di controllo genetico entravano in gioco nello sviluppo di organismi superiori. Inoltre, è difficile immaginare lo sviluppo parziale della struttura piramidale del sistema di controllo dei geni Hox e ciò indica che la struttura del sistema di controllo deve probabilmente essersi sviluppata come unità operativa completa. Sembra che simile sistema non avrebbe potuto essere generato dall’evoluzione o dalla panspermia “forte”.

Per spiegare lo sviluppo della vita complessa sulla terra dobbiamo prendere in considerazione l’azione di un meccanismo diverso, definito “panspermia avanzata“. È possibile che la vita intelligente sulla Terra sia il risultato di un intenzionale esperimento condotto da una civiltà extraterrestre. Tale esperimento avrebbe compreso una “semina” sulla Terra delle prime cellule per predisporre la biosfera terrestre a sostenere forme di vita più complesse. Quando la Terra disponeva di una quantità sufficiente di ossigeno, allora è stata introdotta la vita pluricellulare con l’esplosione cambriana. è possibile che questa fase abbia avuto inizio quando gli embrioni di tutti i phyla sono stati inviati all’interno di “speciali container” adatti al viaggio spaziale. Siccome tutte le forme di vita erano acquatiche, tali embrioni posti in acqua o ghiaccio erano protetti dalle radiazioni. Si potrebbe pensare che la fauna oceanica sia stata organizzata in tale modo, ossia gli organismi semplici sarebbero stati inviati per primi, poi seguiti dagli animali più evoluti. Questa forma di trasporto avrebbe potuto essere impiegata per l’ulteriore sviluppo di animali acquatici, ma non sarebbe stata adatta per gli embrioni di animali terrestri. La nascita di questi ultimi avrebbe avuto luogo tramite modificazioni genetiche di cellule germinali, normalmente presenti all’interno dei corpi animali. Tali mutamenti potrebbero essere stati operati tramite meccanismi interni di variabilità genetica esistenti nei cromosomi o tramite virus appositamente prodotti. è possibile che i trasposoni abbiano giocato un ruolo importante in questo processo di sviluppo.

Come può essere avvenuto lo sviluppo dell’Homo sapiens? è possibile che i primi ominidi si siano evoluti tramite virus appositamente progettati o altre mutazioni genetiche. Tattersall ritiene che siano esistite almeno 20 specie di ominidi negli ultimi milioni di anni. Afferma che: “La nostra storia biologica è fatta di eventi sporadici anziché di incrementi graduali. Nel corso degli ultimi cinque milioni di anni, sono regolarmente emerse nuove specie di ominidi, sono entrate in competizione, hanno convissuto, colonizzato nuovi ambienti e hanno avuto successo o hanno fallito.” Questo processo ha dato vita a numerosi gruppi di creature simili a scimmie o simili a umani. Secondo Cremo e Thompson, esistono prove schiaccianti del fatto che le forme umane avanzate esistessero già diversi milioni di anni fa. L’esistenza di così tante specie di ominidi, poi sparite senza lasciar traccia, indica che i metodi di modificazione cerebrale impiegati non hanno avuto granché successo. Il problema era che, mentre si è raggiunta con facilità la posizione eretta, lo sviluppo del cervello è stato molto più arduo. Per la modificazione cerebrale, che richiedeva il mutamento di centinaia di geni, erano necessarie manipolazioni genetiche molto precise.

Possiamo comprendere meglio il problema osservando lo sviluppo dell’Uomo di Neanderthal. Questa specie aveva un cervello di dimensioni notevoli, di circa 1.600 centimetri cubi, ma le sue prestazioni erano comunque lungi dall’essere quelle richieste. Il problema era che i nuovi gruppi di ominidi discendenti dai gruppi antichi conservavano troppi geni “vecchi”, che ostacolavano lo sviluppo cerebrale e che, comunque, non potevano essere rimossi facilmente. A riprova di ciò c’è l’analisi del genoma dell’Uomo di Neanderthal. Ci sono importanti indizi che fanno pensare che i geni del Neanderthal fossero nocivi per gli ibridi tra uomo e Neanderthal e i relativi discendenti. Una possibile soluzione era l’impiego di modificazioni genetiche dirette. Lo scenario proposto è che l’embrione di Homo sapiens venisse prodotto tramite fecondazione in vitro e poi impiantato in una madre surrogata idonea. In questo modo, si assicurava l’introduzione di nuovi geni e la rimozione o l’alterazione di tutti quelli indesiderati e dannosi. Non si può escludere la possibilità che la madre surrogata fosse una donna di Neanderthal e, pertanto, i primi Homo sapiens avrebbero potuto convivere con questa prima specie. Ciò potrebbe spiegare anche perché circa il 2% del DNA delle persone di discendenza europea può essere ricollegato ai Neanderthal, mentre altri gruppi etnici possono arrivare ad avere il 6% dei geni di quest’ultima specie. Vari studi genetici indicano che c’è una grande differenza genetica tra Homo sapiens e Uomo di Neanderthal. Tale diversità può emergere in così poco tempo solo a seguito di modificazioni genetiche intenzionali.

Dovrebbe essere presa in considerazione l’ipotesi del coinvolgimento di civiltà extraterrestri nella comparsa della vita intelligente sulla Terra perché l’esistenza di simili civiltà è una teoria valida, come dimostrato dal programma SETI dedicato alla ricerca di segnali alieni. La ricerca non ha dato frutti perché presumo che queste civiltà siano simili alla nostra o solamente poco più progredite. Non è però irrealistico presupporre che le civiltà extraterrestri possano avere svariati milioni o magari addirittura miliardi di anni e le loro capacità sarebbero quindi molto più avanzate rispetto alle nostre, cosa che renderebbe difficile mettersi in contatto con loro. A riprova di questo disegno extraterrestre abbiamo anche l’analisi del nostro codice genetico. Un lavoro condotto da Shcherback e Makukov dà risalto alle proprietà misteriose dei codice DNA che richiederebbero un approccio intelligente che non può essere spiegato con l’evoluzione darwiniana. Sostengono che “la semplice configurazione del codice rivela un insieme di schemi aritmetici e ideografici di linguaggio simbolico. Questi schemi soggiacenti, accurati e sistematici, sembrano il frutto di una logica precisa e di calcoli non irrilevanti anziché processi stocastici.”

Una specifica proprietà del cervello umano, che non potrebbe essere derivata da mere modificazioni genetiche, è la sua capacità di svilupparsi ulteriormente. Il progresso è perlopiù visibile nel campo della coscienza. è noto che il genotipo del cervello umano non ha subito trasformazioni nel corso degli ultimi 6.000 anni, ma si osserva un’evoluzione considerevole nel pensiero e nella consapevolezza dell’uomo, per esempio in merito ad ambiente, cambiamento climatico e futuro del pianeta. Ciò indica che il cervello umano ha integrato una funzione che permette uno sviluppo ulteriore non basato su meccanismi genetici o evoluzionistici. Così, si potrebbe prevedere che il progresso della razza umana si tradurrà in una società più filantropica. Considerato lo stato attuale del mondo si potrebbe avere l’impressione che le cose stiano peggiorando. Però, se paragoniamo la situazione attuale a quella di un centinaio di anni fa, si rilevano fantastici passi avanti sotto pressoché ogni aspetto della vita.

Ci sono sempre più prove che mostrano che la vita sulla Terra è un fenomeno molto più complesso di quanto abbiamo mai creduto. L’organo più complesso in assoluto è, senza dubbio, il cervello umano. è molto probabile che gli extraterrestri abbiano avuto il merito di progettarlo. Tuttavia, attuare questo progetto negli esseri umani richiederebbe un contatto diretto degli extraterrestri sulla Terra. è difficile e forse incauto fare speculazioni sulal civiltà extraterrestre, che deve esistere probabilmente da almeno quattro miliardi di anni e, pertanto, sarebbe tanto evoluta da andare oltre la nostra comprensione.

tratto da Nexus New Times

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