
Per iniziare vediamo il canto ottavo per intero con note e commenti: https://divinacommedia.weebly.com/purgatorio-canto-viii.html
Il canto ottavo del Purgatorio di Dante Alighieri si svolge nell’Antipurgatorio, dove le anime dei negligenti (che trascurarono i loro doveri spirituali) attendono di poter iniziare la loro espiazione; siamo alla sera del 10 aprile 1300 (Pasqua), o secondo altri commentatori del 27 marzo 1300.
Preghiera del tramonto – versi 1-18
È l’ora del tramonto che suscita la nostalgia del navigante all’atto della partenza (è l’ora della compieta), come pure un lontano squillo di campane che sembra annunciare la fine del giorno commuove chi ha intrapreso un viaggio. Dante, nel generale silenzio, osserva un’anima che, levatasi in piedi, con un cenno della mano invita alla preghiera. La stessa, rivolta a oriente, pare che dica a Dio: «Non mi curo che di te!». Poi, seguita dalle altre, intona il “Te lucis ante” in modo così soave da mandare in estasi il poeta.
Gli angeli guardiani – vv. 19-42
A questo punto il poeta, nell’organizzare lo spettacolo degli angeli, invita il lettore a prestare attenzione alla sottile allegoria che in questo caso è semplice da comprendere, in quanto il velo che la separa dalla verità è sottile. Vede tutte le anime guardare verso l’alto con un’espressione timorosa e sottomessa, quand’ecco discendere due angeli che brandiscono spade infuocate ma senza punta. Le loro vesti sono verdi come foglie appena nate, così anche le loro ali. Essi si dispongono ai due lati del piccolo avvallamento dove sono raccolte le anime; la penombra permette al poeta di vedere i loro capelli biondi, ma non di distinguere i lineamenti.
Sordello informa che le creature celesti vengono dall’Empireo, sede di Maria, a difesa della valle contro il sopraggiungere del serpente. Ma, ignorando da quale parte sarebbe giunta l’insidia demoniaca, Dante si accosta impaurito alle fidate spalle di Virgilio.
Nino Visconti – vv. 43-84
Su invito di Sordello, Dante scende pochi passi e vede un’anima che dà segno di riconoscerlo; malgrado la crescente oscurità, Dante a sua volta lo riconosce: è Nino Visconti di Pisa, giudice, ossia Re, di Gallura, suo amico, e il poeta si rallegra che non si trovi all’Inferno. Nino Visconti, stupito di vedere Dante, gli chiede quando sia morto; il poeta risponde che è ancora vivo, suscitando stupore e smarrimento in Nino e in Sordello. Visconti si rivolge gridando ad un’altra anima (Corrado Malaspina) perché venga a vedere quale miracolo è stato compiuto da Dio. Poi Nino prega Dante di sollecitare, una volta tornato sulla terra, le preghiere di suffragio di sua figlia Giovanna, dato che la madre di lei, vedova di Nino, è ben presto passata ad altre nozze, dimostrando quanto è volubile l’amore femminile. Ma – commenta giustamente risentito – essa dovrà rimpiangere queste nozze con Galeazzo Visconti, che presto sarà esiliato.
Le tre stelle – vv. 85-93
Nel frattempo, lo sguardo di Dante è attratto da tre stelle luminose apparse nel cielo. Virgilio spiega che queste, ovvero le virtù teologali (fede, speranza e carità), sono salite al tramontare delle quattro stelle viste al mattino, che rappresentavano le virtù cardinali.
Il serpente – vv. 94-108
Mentre Virgilio dà questa spiegazione, Sordello attira la sua attenzione verso “il nostro avversario”. Dal lato più aperto della valletta viene strisciando tra erba e fiori un serpente, forse proprio quello che diede a Eva il frutto proibito. Senza che Dante abbia potuto cogliere l’inizio del loro volo, gli angeli, come sparvieri celesti, muovono veloci verso il serpente, che al solo fruscio delle loro ali fugge; gli angeli subito risalgono in cielo.
Corrado Malaspina – vv. 109-139 La parte dedicata alla Lunigiana
L’anima di Corrado Malaspina, che già prima si era accostata a Nino Visconti, continua a fissare Dante durante tutto l’assalto del serpente e la sua cacciata. Quindi, dopo avergli augurato di assecondare con la sua volontà la grazia divina che lo porta verso la salvezza, gli chiede di informarlo, se sa, di ciò che accade in Val di Magra o in Lunigiana dove egli è stato un tempo potente. Dice quindi di essere Corrado Malaspina, discendente dell’omonimo signore di Lunigiana, e aggiunge di doversi ora purificare dell’eccessivo affetto verso la propria famiglia.
Dante esclama di non aver mai visitato quella zona, ma afferma che certo essa è conosciuta in tutta Europa; continua con un vibrante elogio della fama dei Malaspina, tuttora custodita dai discendenti che si ispirano agli ideali cavallereschi della liberalità e della prodezza. Ciò è tanto più ammirevole perché esempio unico in un mondo che segue la strada sbagliata. Corrado risponde con una profezia: prima che passino sette anni Dante potrà per esperienza diretta confermare questo cortese giudizio. La profezia “post eventum” allude al fatto che Dante troverà ospitalità presso i Malaspina durante l’esilio nel 1306. https://it.wikipedia.org/wiki/Purgatorio_-_Canto_ottavo
Per chi volesse leggere piccola introduzione e testo integrale dell’VIII: http://laspada.altervista.org/wp-content/uploads/2016/01/DIVCOMMpurg_08.pdf