L’angelo del male – Il risveglio (romanzo)

In uscita a breve

Prologo

Il pomeriggio stava cedendo il passo all’imbrunire e un pesante carico di nubi avvolgeva l’intera vallata in una cappa triste e soffocante. Solo un bagliore rossastro riusciva a filtrare dai nembi, conferendo alla chiesa un aspetto infernale.
L’edificio religioso emergeva dal crepuscolo, con i muri in pietra stretti nella morsa del muschio e con le finestre ad arco che lo rendevano simile a un alveare abbandonato.
Nonostante l’incuria, il campanile resisteva ritto al suo fianco e pareva divertirsi a infilzare le nuvole per sbirciare il luccichio delle stelle.

Un uomo incappucciato correva verso l’edificio sacro, era in grave ritardo. Spinse la pesante anta, annerita dal tempo, e fu avvolto dal lucore delle candele disposte lungo il perimetro della chiesa.
Le fiammelle illuminavano debolmente i capitelli sagomati con forme dragonesche, donando loro una parvenza di vita.
Si diresse verso l’abside e si accomodò su una delle prime panche, vicino agli altri adepti.
La cerimonia era iniziata già da qualche minuto.
Dietro l’altare, un uomo col volto coperto da una maschera dorata recitava una litania solenne. Aveva le mani sporche di sangue, anche questa volta l’esperimento era finito in disgrazia. Nessuno dei presenti riusciva a capire il motivo di quel dramma che durava da troppi secoli, neppure lui ma non si sarebbe mai arreso.
La donna che doveva partorire il figlio di Lucifero, inseminata nove mesi prima, era morta quella stessa sera, quasi fosse vittima di una maledizione. Una scena che si ripeteva ogni anno, da troppo tempo. Tutte le prescelte, anche se giunte alla fine della gestazione in buona salute, morivano durante il parto e con esse il nascituro, rinviando a un futuro ignoto la venuta del Salvatore.
Concluso il canto funebre dedicato alla vittima, urla agghiaccianti rimbombarono tra le navate, infrangendosi contro le volte del soffitto.
Gli occhi delusi del celebrante fissarono la sacrestia in attesa di veder apparire la nuova prescelta, l’ennesima.
Dalla porta spuntarono altre figure incappucciate, seguite da una fanciulla eterea che avanzava stringendo in mano una coppa rilucente.
Solo allora, dall’organo si diffuse una musica potente che, a ogni nota, diventava sempre più cupa.
Gli strani sacerdoti ripetevano un nome come fosse un mantra:
«Metatron, Metatron, Metatron.»
Metatron, l’officiante, si tolse la maschera mostrando il suo volto albino e alzò le mani in segno di saluto.
«Fratelli, ecco a voi la nuova predestinata. Questa volta sarà diverso, perché porta il simbolo sulla pelle, quel simbolo profetizzato dai libri sacri che cerchiamo da sempre: la voglia a forma di mezzaluna. Subito dopo il rito, lo sperma ibernato di Lucifero le sarà impiantato nell’ovulo e tra nove mesi nascerà una nuova speranza per il mondo intero.»
Gli adepti esplosero in grida di giubilo.
Coloro che scortavano la prescelta si avvicinarono a Metatron, lo baciarono sulla bocca, poi ognuno baciò il proprio vicino e sputò in direzione della croce. L’ultima a giungere nei pressi dell’ara fu la ragazza, procedeva con passo sonnambulico. Si spogliò della veste di seta, scoprendo un corpo statuario, seni turgidi e gambe sinuose, si distese sul freddo marmo e attese il supplizio.
Pupille dilatate, assenti, intontita come fosse sotto l’effetto di una potente droga.
Prima dell’atto finale, alcuni sacerdoti trascinarono al centro della chiesa il prezioso sarcofago dove giaceva quell’essere addormentato da millenni. Metatron aprì il coperchio, si chinò su di lui e lo baciò sulle labbra.
Prese qualcosa dal sarcofago, lo versò dentro la coppa rilucente e bevve.
Il suo volto si trasfigurò, assumendo lineamenti bestiali.
Avvertì subito la voglia irresistibile di possedere quella donna, una sensazione che dalla ghiandola pineale passò alle narici, alla bocca, per scendere fin nel ventre e poi più giù, dove l’eccitazione si trasformò in virilità.
La consapevolezza di svolgere una missione per il genere umano aumentava il suo piacere. Sapeva che molti non l’avrebbero capito, ma lui aveva scelto di servire Lucifero per dare un’altra speranza all’umanità.
Lucifero, il Portatore di luce.

L’organo risuonò ancor più lugubre. Era giunto il momento.
Quel rituale atavico era un retaggio consolidatosi nel tempo.
Metatron si sfilò la veste ricamata con orditi dorati e, pervaso da un istinto primordiale, balzò come una furia sopra la predestinata.
Le allargò le cosce e la penetrò con vigore, ripetutamente, fino a raggiungere l’orgasmo. Grida lascive risuonarono nell’edificio sacro e si unirono al suono dell’organo che pareva giungere direttamente dagli abissi infernali.
Dopo un tempo che parve infinito, gli adepti abbandonarono la chiesa con una nuova speranza che albergava nel ventre della prescelta.
Metatron aveva scelto personalmente quella ragazza che proveniva dall’est e riponeva in lei tutte le speranze.
Dopo averle lanciato un ultimo sguardo, si rivestì e tornò a esaminare il corpo dell’altra donna, morta durante il parto.
Scosse il capo.
Eppure, anche in questa occasione, gli esami non avevano dato esiti negativi. L’ultima ecografia era stata confortante ma, nonostante ciò, la tragedia si era presentata puntuale anche quella notte.
Per capire cosa fosse accaduto, Metatron le squarciò la pancia e si trovò nuovamente di fronte a quella scena terribile.
Ancora una volta la morte aveva assalito la donna dall’interno.
Dopo aver lacerato la sacca embrionale, il bambino si era cibato de-gli organi della madre e stringeva ancora nel pugno il suo intestino, quasi fosse un trofeo.


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