Graal

Il graal (scritto talora anche gral) o, secondo la tradizione medievale, il Sacro Graal o Santo Graal, è la coppa leggendaria con la quale Gesù celebrò l’Ultima Cena e nella quale il suo sangue fu raccolto da Giuseppe d’Arimatea dopo la crocifissione. Il termine si suppone derivi dal latino medievale gradalis o dal greco κρατήρ (kratḗr «vaso») e designa in francese antico una coppa o un piatto. Il termine italiano corrispondente è gradale. Da un punto di vista simbolico, il Graal allude al possesso di una conoscenza esoterica o iniziatica, che da un lato viene elargita da Dio, ma dall’altro comporta una conquista riservata a coloro in grado di accoglierne il mistero e degni dell’enorme potere magico in essa racchiuso.

tratto da https://it.wikipedia.org/wiki/Graal

Voglio riproporvi il finale di un mio articolo uscito su Hera alcuni mesi fa, riguardava la misteriosa pieve di Codiponte e terminava così:
“Prima di salutarvi, non posso esimermi dal parlare di un altro elemento che ha attirato la mia attenzione mentre uscivo dalla pieve: il trittico del XV secolo attribuito ad Angelo Puccinelli (in realtà gli ultimi studi lo attribuiscono a un artista fiorentino conosciuto come il Maestro di Montefloscoli). Al centro di questa meravigliosa opera è rappresentata la Madonna col bambino; a destra i Santi Cornelio e Cipriano, martiri del III secolo e patroni della pieve; e a sinistra il Volto Santo, crocifisso ligneo dove Gesù indossa una tunica lunga fino alle caviglie e caratterizzato dal fatto che fosse rappresentato con gli occhi aperti, per indicare il suo trionfo sulla morte. La preziosa reliquia, dopo essere giunta al porto di Luni dalla Terra Santa, probabilmente è transitata nei pressi di Codiponte per poi raggiungere la sua destinazione finale, Lucca. Resto assorto ad ammirare l’opera d’arte, e proprio quando tutti i misteri sembrano risolti, vedo che, nella parte sinistra del trittico, proprio vicino al piede destro di Gesù, è posta una coppa dorata, un calice splendente. Forse un riferimento al Graal? Perché mettere una coppa ai piedi del Volto Santo? Cosa rappresenta? Ancora una volta, l’ombra dei Templari solletica la mia mente.”
Approfondiamo l’argomento.
Per prima cosa è giusto precisare che gli studiosi attribuiscono la presenza di quel Calice a uno dei miracoli compiuti dal Volto Santo, il cosiddetto “miracolo del calzare”.
Si narra che un giullare molto povero, ogni giorno si recasse nella cattedrale di Lucca a pregare per le sue miserie, offrendo al Volto Santo, in segno di devozione, l’unica cosa che possedesse: la sua arte giullaresca. Il Volto Santo, agghindato d’oro e altri materiali preziosi, un giorno lasciò cadere una delle preziosissime ciabatte dorate (la destra) in segno di apprezzamento, dando la possibilità al giullare di far fronte alle proprie miserie. Quando l’uomo raccolse la ciabatta pregiata, fu subito arrestato e gli fu intimato di restituire quanto rubato. Nessuno credette al suo racconto e fu così incarcerato. Ma ogni tentativo di ricollocare la calzatura al piede del crocifisso fu inutile: Gesù la rifiutava, come se ormai appartenesse al povero, avvalorando la versione dell’innocente giullare. Subito dopo l’uomo fu creduto e rilasciato. Gli fu fatta anche una generosa donazione in denaro da parte della Chiesa, a patto che rinunciasse alla santa ciabatta. Il povero accettò di buon grado e la storia finì così.
Questo miracolo ha fatto sorgere in me alcune domande. Perché scegliere proprio un calice per appoggiare la preziosa ciabatta? Non poteva essere scelto un altro oggetto? Al di là del miracolo, esiste un collegamento tra il Calice (Graal) e il Volto Santo?

La leggenda di Leobino

Credo che esista questo collegamento, ma per farlo va ricordata la Leggenda di Leobino, un diacono che nel XII secolo scrisse la storia del Volto Santo di Lucca e del Sangue di Cristo di Luni-Sarzana, arrivati in Occidente intorno alla metà dell’VIII secolo, sebbene la leggenda sia stata redatta molti secoli dopo, ricollegandosi alla precedente trasmissione orale.
Come giunsero in Occidente queste due reliquie?
Leobino racconta che il vescovo subalpino Gualfredo, spinto da una grande devozione, si era recato a Gerusalemme in pellegrinaggio. Qui una visione angelica gli indicò l’esistenza di una scultura di Cristo fatta da Nicodemo, da questi passata in custodia a Isachar e venerata di nascosto per paura che gli ebrei la distruggessero. Gualfredo e i suoi amici trovarono il Volto Santo, lo portarono a Giaffa e lo collocarono su una nave senza nocchiero che poi, miracolosamente, condotta dalla corrente, arrivò fino al porto di Luni. L’episcopo della città investigò sulla misteriosa nave. Frattanto il vescovo di Lucca, Giovanni Teuperto, fu avvertito in sogno da un angelo dell’arrivo della nave. Sorta una disputa tra lunensi e lucchesi circa il possesso del Volto Santo (il crocifisso ligneo tridimensionale), dopo aver invocato la Trinità, si giunse a un accordo: ai lunensi sarebbe toccata l’ampolla nascosta nella scultura e contenente il Sangue di Cristo, invece a Lucca sarebbe andato il Volto Santo. Era l’anno 782 d.C. (alcuni fonti riportano la data del 742, ma probabilmente è un errore di copiatura).

L’ampolla con il Sangue

Nella schiena del crocifisso ligneo, dentro uno scomparto chiuso da un piccolo sportello, era nascosta l’ampolla contenente il Sangue di Cristo.
La Tradizione narra che Nicodemo (autore del corpo del Volto Santo, ma non del viso) e Giuseppe d’ Arimatea, quando staccarono il corpo di Gesù dalla croce, raccolsero in una coppa il sangue uscito dal suo costato. Da questo episodio nacque anche la leggenda che porterà alcuni poeti del XII secolo a raccontare la storia del Graal.

Altre reliquie del Sangue di Cristo

Quella di Luni-Sarzana non è l’unica reliquia legata al Sangue di Cristo, eccovene un piccolo elenco. Sono molte le chiese cristiane collegate al Sangue di Gesù. Famosa la reliquia conservata a Mantova, dove una tradizione narra che sia stato sepolto il corpo del legionario Longino, colui che trafisse il costato del nazareno. Una leggenda attribuisce al soldato romano la raccolta e il trasporto della terra imbevuta del sangue del Salvatore nel luogo dove ora sorge la città di Mantova. Secondo questa tradizione, Longino sarebbe morto come martire della fede nel 37 d.C. Al fine di preservare la sacra reliquia, la stessa fu sotterrata e per lunghi secoli non se ne ebbe più notizia. Nell’ 804, su indicazione di Sant’Andrea, avvenne il ritrovamento dell’urna che conteneva il Sangue.
Una piccola parte di questo fu donato da Carlo Magno alla cappella reale di Parigi (Sainte Chapelle). Secondo un’ipotesi condivisa da molti, Mantova fu dichiarata sede vescovile e sul luogo del ritrovamento venne eretta una piccola chiesa in onore dell’apostolo Andrea.
Tra le reliquie, è da ricordare anche un guanto di Nicodemo impregnato del Sangue del Salvatore e chiuso nel becco di un uccello che si trova nell’Abbazia normanna di Le Bec.
Sempre in Normandia, due ampolle plumbee contenenti Sangue di Gesù erano presenti nel monastero di Fecamp: esse erano state rinvenute in un tronco di fico arenatosi sul vicino litorale.
Reliquie del Sangue di Cristo costellano l’Europa, in particolare l’area lorenese, dove i Signori erano imparentati con Matilde di Canossa, non a caso domina sia di Mantova sia di Lucca. Fu Matilde, per esempio, a donare una particula del Santo Sangue al monastero di Weingarten presso Ravensburg nella Svizzera odierna.
A Bruges, invece, la reliquia del Sangue era stata portata da Teodorico d’Alsazia, conte di Fiandra, padre di quel Filippo al quale Chretien de Troyes aveva dedicato il primo romanzo che parla del Graal.
Nel maggio 1101, i marinai genovesi, dopo aver conquistato la città di Cesarea, sul litorale palestinese, s’impossessarono di un recipiente di colore verde intenso, a forma di piatto, che i genovesi, credendolo di smeraldo, vollero offrire come insigne ornamento per la loro chiesa. Si trattava del Santo Catino di Cesarea, un piatto in pasta vitrea di forma esagonale del diametro di 32 cm e mezzo e con la capienza di circa 3 litri, senza piedi e munito di due piccoli manici, che ancora oggi si trova nel tesoro della cattedrale genovese. In realtà, quando fu portato nella città ligure, il Catino non dovette sembrare di grande valore, di fatti si iniziò a parlarne solo dopo la diffusione della letteratura sul Graal. Solo allora si descrisse come smeraldino e gli venne tributato un culto speciale, collegandolo ai racconti del pseudovangelo di Nicodemo, del VI secolo, e alla vindicta salvatoris, dell’VIII.
Altra importante reliquia della cristianità è il Santo Calice di Valencia, costituito da una pietra di calcedonio montata in oro, custodito nella cattedrale di quella città. Secondo la tradizione, si trattava del Calice dell’Ultima Cena, che Pietro aveva portato nell’Urbe e che poi San Lorenzo, diacono della chiesa di Roma e iberico di origine, aveva inviato a Huesca durante la persecuzione dell’imperatore Valeriano. Da Huesca il Calice era passato nel 713 al monastero di San Juan de La Peña, da dove i re d’Aragona lo avevano traslato nel 1399 a Saragozza e poi nel 1437 a Valencia.

Il calice di Valencia, il Sangue di Luni-Sarzana e quello di Mantova hanno una caratteristica che li contraddistingue dalle altre reliquie: sono giunti in Occidente prima delle crociate. Questo è un elemento molto importante perché, dopo l’assalto alla Terra Santa, si diffuse il commercio delle reliquie, tra le quali molte erano false. Perciò le tre che ho citato sopra sono da tenere in alta considerazione.

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